Il magico potere del riordino in cucina, per essere più creativi

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Il magico potere del riordino in cucina, per essere più creativi

Perché e come riordinare la cucina

Sono una persona ordinata, da sempre (lo raccontavo anche qui). L’ordine è la mia zona di comfort mentale (e per una testa sempre in movimento, e con una buona dose di ansia, è davvero rassicurante); soprattutto quello che amo chiamare “ordine creativo”: quello che aiuta a sgombrarmi la mente, a mettere in fila i pensieri e a smatassare le situazioni più problematiche.

Il fatto che abbia questa indole, tuttavia, non vuol dire che ami il minimalismo, soprattutto in cucina: ho molti attrezzi, strumenti (soprattutto pentole) e provviste, perché adoro avere tutto quello che mi serve per esprimere la mia creatività; amo piatti e bicchieri, soprattutto se spaiati, che uso per le foto e per accogliere gli amici a cena o per l’aperitivo; e anche il reparto tessili non se la cava male, perché un salto da Coin Casa durante i saldi non me lo nego mai.

Qual è l’equilibrio ideale fra l’accumulo e il caos totale? Nella mia esperienza è molto soggettivo. Il punto di partenza però è che una cucina ordinata ti aiuta a stare (e cucinare) meglio.

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Pensa a una cucina dove trovi sempre tutto quello che cerchi. Dove hai un attrezzo utile per quello che stai facendo sempre a portata di mano. Dove mentre cerchi il cumino o la maggiorana essiccata non si brucia il soffritto nella pentola. E dove non sei assediato da farfalline, vermetti e altri simpatici “animali domestici” (e quindi non ti tocca buttare ogni 2 mesi mezza dispensa nella spazzatura).

Come riordinare la cucina e la dispensa allora? In questi anni ho letto (e messo in pratica) parecchio su questo tema, e continuerò a farlo. I due metodi che ho trovato interessanti vengono dal Giappone (hai già capito, scommetto) e dall’Italia.

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Il metodo “Konmari” di Marie Kondo: il magico potere del riordino in cucina

“Commit yourself to tidying up.

Imagine your ideal lifestyle.

Finish discarding first.

Tidy by category, not by location.

Follow the right order.

Ask yourself if it sparks joy.”

Le regole del metodo KonMari, inventato dalla divina Marie Kondo, sono poche e semplici. Chi non la conosce, o ne conosce solo la vulgata, la immagina come una specie di Rottermaier nipponica che ci obbliga a buttare via i nostri oggetti e a vivere una vita quasi monastica: se hai letto il suo libro sai che non è proprio così – a parte qualche esagerazione un po’ troppo giapponese per noi – e ti sarai accorto che si tratta più di un manuale di vita zen, che un invito a gettare tutto nella pattumiera.

Ho già raccontato sul blog di Romeo&Julienne come ho messo in pratica “Il magico potere del riordino” a casa mia, qualche anno fa. A distanza di 3 anni posso confermare che il metodo funziona, e non ho avuto “ricadute”. Come raccontavo, l’importante è seguire alcuni principi chiave:

  • Il riordino è un evento, non un’attività del quotidiano. L’ideale, secondo Marie Kondo, è farlo una volta sola e in un arco temporale di sei mesi.
  • Occorre riordinare per categorie di oggetti e non per stanze/luoghi della casa.
  • Prima si elimina tutto il superfluo, e solo dopo si trova una collocazione degli oggetti negli spazi, per ogni categoria. La scelta tra cosa tenere e cosa no è un punto fondamentale: “il criterio deve essere «se conservare quel qualcosa vi rende felici»: in altre parole, «se quella cosa vi fa battere il cuore»”.
  • Seguire un ordine preciso nelle categorie: prima il vestiario, poi i libri, quindi le carte; poi gli oggetti misti e infine i ricordi (foto, lettere e diari). Dal meno al più sentimentale.
  • Ogni cosa ha un posto, un posto per ciascuna cosa.
  • Non essere troppo rigidi nella divisione degli oggetti, una volta riordinati, e non cedere alla tentazione di un’organizzazione troppo tassonomica.

Per quando riguarda la cucina, secondo Konmari il suo contenuto rientra nella categoria oggetti misti (komono). Nei confronti di questa area della casa ha un atteggiamento più morbido, riconoscendo il valore affettivo e il calore che ci trasmette: il cibo è cura, e quindi possiamo permetterci qualche sbavatura in più rispetto al rigore di altri luoghi dell’abitare.

Per riordinare valgono i soliti principi fondamentali: nel mio caso, ho ridotto il numero di pentole (che sono comunque tantissime) eliminando quelle ormai inservibili, e ho investito su alcune più durature (le mie lionesi e le pentole in ghisa). La dispensa, già limitata, è stata suddivisa con criteri più razionali, utilizzando contenitori in vetro e plastica, ma ho scelto di tenere in vista le spezie su una rastrelliera appesa al muro: le amo così tanto che le voglio sempre tenere sotto mano.

Il consiglio più prezioso è stato quello di sgombrare quasi del tutto il piano di lavoro: ho eliminato alcuni oggetti sostanzialmente inutili e tenuto solo gli elettrodomestici fondamentali, come la planetaria.

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Il metodo “mediterraneo” di Roberta Schira: le quattro aree energetiche della cucina

La critica gastronomica e giornalista Roberta Schira è partita dal presupposto che la maggior parte delle persone provano angoscia nel gettare via le proprie cose: in realtà eliminare significa fare spazio fisico e mentale, e quindi essere costretti vedere alcune cose della propria vita in modo fin troppo chiaro.

Nel suo libro “La gioia del riordino in cucina” allora propone uno stile di riordino che lei chiama “mediterraneo”, riconoscendo l’importanza della cucina nella nostra cultura, come una delle zone più calde della nostra vita, fisica e affettiva. Il suo metodo parte dalla sua passione per la cucina, sia quella casalinga, sia quella dei grandi chef. Da loro ha appreso, negli anni, alcuni trucchi e segreti per avere una cucina sempre efficiente e funzionale.

Ecco i capisaldi della sua proposta:

  • Iniziare a eliminare il superfluo vuol dire innanzitutto comprare meno: meno provviste e meno attrezzature. Allo stesso scopo serve una prima grande pulizia, per rimuovere in profondità non solo lo sporco ma anche le vecchie abitudini.
  • Per farlo consiglia una soluzione casalinga a base di aceto, bicarbonato e olii essenziali (che ho apprezzato molto). Alla pulizia si può eventualmente abbinare una rinfrescata delle pareti.
  • In cucina comanda uno solo: anche questo è un punto che mi è piaciuto particolarmente. Il “capo” può essere chiunque, purché riconosciuto. Sta a lui o lei decidere l’allocazione delle risorse, l’allestimento della cambusa, e la gestione dello spazio. Attenzione, questo non vuol dire che debba cucinare sempre per tutti!
  • Fare delle foto degli spazi, e di singoli dettagli, aiuta a prendere le distanze e a rendersi conto di come stanno per poter procedere a un riordino efficace.
  • Dividere la cucina in 4 aree – Aria, Terra, Acqua, Fuoco. Ad ognuna corrispondono delle funzioni caratteristiche, serve a ordinare in modo efficace e a ritrovare tutto velocemente.
  • Infine si passa al decluttering vero e proprio, con questa nuova consapevolezza

Del metodo “mediterraneo” ho apprezzato sicuramente la morbidezza e l’attenzione all’aspetto conviviale della tavola. Anche la divisione per aree e tipologie di attrezzi e utilizzi degli stessi mi ha aiutato a razionalizzare alcune parti della mia cucina. Avendo già messo in pratica il metodo Konmari, non saprei dire se sia più efficace affrontare il decluttering prima o dopo la riorganizzazione degli spazi. Credo che come sempre ognuno debba trovare la soluzione più congeniale al suo modo di essere.

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Trovare il proprio metodo su misura

Nei prossimi post darò alcuni consigli pratici sul riordino, in modo che ciascuno possa prendere spunti e idee utili da applicare nel quotidiano.

Penso che la cosa davvero importante sia lavorare su quello che ci fa stare bene, e affrontare il cambiamento un passo alla volta: è quello che propongo sempre ai miei clienti durante il Food Coaching. Quando entro nelle cucine degli altri sto varcando una soglia quasi sacra, per questo è fondamentale entrare in empatia con chi quella cucina la vive. Lo facciamo già, in parte, tramite il questionario che invio prima della consulenza e poi durante il nostro primo colloquio. Ecco perché non mi troverai mai armata di ramazza sacchetto dell’indifferenziato, ma capiremo insieme qual è il meccanismo che funziona per te.